Dalle viscere dell'arte.
Un privilegio è Lucio, via di fuga, via che fuga. Da genio cosciente, ma non consenziente, quindi ribelle, mai puntò ad essere il primo di tutti, ma il
primo fra tutti, dove attorno non c'è un secondo, ne un quinto, ne alcun altro posto possibile. Scardinò regole e stilemi, perché non volle
continuare e migliorare, ma stravolgere e spazzare attraverso l'assurdo reso tale estremo e che assurdo rese tutto ciò che prima c'era, e ciò che poi
verrà. Immane peso, vero fardello, lasciato a noi inermi e folli innamorati del suo verbo fendente, dopo lui, dopo ogni ascolto, ore e ancora ore di
decompressione prima di scendere al resto, a qualunque altro umano abbia intrattenuto il tempo con musiche e parole. Distanze, distanze, distanze,
tra lui e il resto, e difficile cogliere la sua vena, maledettamente complicata, ed impossibile, e ne sono certo, poi lasciarla per altro, il tutt'altro, il banale, perché quello pare che resta. Battisti, il bianco, che in un mistico delirio viola traguardi e corsie e libra il volo nell' olimpo dell'Arte dove niente ha limiti, in quanto privo di canoni, dove
tutto è spazio nel tempo d'ebro oblio. A volte avverto stridio fisico e dolore cerebrale, non ascolto più musiche e parole, capto pure onde di pensiero, ed è Lucio, che mi attraversa e folgora le membra, è troppo, troppo, sintonizzarsi sulla sua lunghezza d'onda che lascia stremati, che
transita e sconvolge, ma che torna, vaga e mai passa, nel ridondio d'echi che oscura, oramai, l'altrui voce d'un bieco coro.
Un privilegio è Lucio, via di fuga, via che fuga. Da genio cosciente, ma non consenziente, quindi ribelle, mai puntò ad essere il primo di tutti, ma il
primo fra tutti, dove attorno non c'è un secondo, ne un quinto, ne alcun altro posto possibile. Scardinò regole e stilemi, perché non volle
continuare e migliorare, ma stravolgere e spazzare attraverso l'assurdo reso tale estremo e che assurdo rese tutto ciò che prima c'era, e ciò che poi
verrà. Immane peso, vero fardello, lasciato a noi inermi e folli innamorati del suo verbo fendente, dopo lui, dopo ogni ascolto, ore e ancora ore di
decompressione prima di scendere al resto, a qualunque altro umano abbia intrattenuto il tempo con musiche e parole. Distanze, distanze, distanze,
tra lui e il resto, e difficile cogliere la sua vena, maledettamente complicata, ed impossibile, e ne sono certo, poi lasciarla per altro, il tutt'altro, il banale, perché quello pare che resta. Battisti, il bianco, che in un mistico delirio viola traguardi e corsie e libra il volo nell' olimpo dell'Arte dove niente ha limiti, in quanto privo di canoni, dove
tutto è spazio nel tempo d'ebro oblio. A volte avverto stridio fisico e dolore cerebrale, non ascolto più musiche e parole, capto pure onde di pensiero, ed è Lucio, che mi attraversa e folgora le membra, è troppo, troppo, sintonizzarsi sulla sua lunghezza d'onda che lascia stremati, che
transita e sconvolge, ma che torna, vaga e mai passa, nel ridondio d'echi che oscura, oramai, l'altrui voce d'un bieco coro.
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