giovedì, ottobre 17

Non è l’area, tantomeno una virtuosa geometria, ad essere definita dal vocabolo areale. Non ci sono calcoli, erudimenti matematici o funzioni esplicative. E’ uno dei casi in cui viene reinventato il significato di un vocabolo già esistente. Ugo Locatelli, studioso e ricercatore dell’immagine, contribuisce all’arricchimento di un lessico che a volte stenta a seguire le evoluzioni del modo di intendere l’arte. Le arti figurative, alle origini e nel recente passato, soddisfacevano l’esigenza di una rappresentazione “fedele” del reale. La pittura, il disegno, la fotografia, erano pure rappresentazioni documentaristiche, il cui valore rasentava tanto più l’eccellenza quanto più le riproduzioni erano simili al reale. L’areale rivela, e svela, uno scenario, giacimento di segni e di indici. La “a” di suffisso alla parola ha il valore della negazione, si pone tra reale e irreale definendone una regione instabile e plastica. Il mondo, l’universo, quindi, si può intendere come un insieme di realazioni, non di cose. In questo concetto c’è l’implicita ammissione che l’immagine non è, ne tantomeno potrebbe essere, univoca; gli intenti, le prospettive, le capacità di estrapolare o le mediazioni culturali, possono essere molteplici. L’immagine non è più il punto apicale – Aglieri docet – di uno scenario “congelato”, non è più fine a se stessa, non deve “certificare” alcun elemento concreto, ma è uno strumento potente e sofisticato che può svelare i numerosi strati di lettura e le relazioni che intercorrono tra l’osservazione, lo stato delle cose e la sua rappresentazione. Immagine areale, quindi, come un espediente per valicare l’oltre, snaturando l’apparenza delle cose. Un’immagine “reale” deve il più possibile discostarsi dalla realtà per rappresentarla veramente. Deve condurre un percorso di purificazione da convenzioni, preconcetti e clicchè. Il mondo non è quello che vediamo, ma quello che vedremmo se solo riuscissimo a trasporre le visuali. E forse chissà, ce ne sarebbero ancora altri, più latenti, ancora più profondi nella mischia tra reale e irreale: nell’areale.