Diario di viaggio di B…
Inizia, così, un percorso. C’è traffico a Bologna, perenne, non quello che ritrovi a Palermo, quello è tutt’altro, non c’è l’emergenza, la scheggia impazzita, ma solo persone che corrono da qualche parte. E’ una città da vivere, piena di nicchie, dove potersi ritrovare, e non per lenire le ferite. Lì, in una collina a ridosso del centro, ma al di fuori dalle mura, è li che vado. Un edificio vecchio e stanco, come stanca e lievemente dismessa è la sapienza. Percorrendo il primo piano qualcosa cambia, suoni, e qualcuno, sempre, ti apre e sorride, come fosse il primo espletamento di un protocollo cordiale, per cui rigido. A volte Cinzia attende, a me è successo così, e la vedi china su di un tavolo, - che dico - un banchetto riverso di costruzioni e ninnoli colorati, un bimbo che la guarda, incredulo di esser lì e di poter ricevere, lì, cotanta grazia. Sembra sacrilego distoglierla, ma…m’interrompe il pensiero quella vocina, Cosa è il maiale? Cinzia mi guarda, accenna un sorriso, Guarda, dice rivolta a me, ne sanno più di noi, e mi chiede: cos’è il maiale? E io, timido, come il mio ruolo prevede – ligio al mio protocollo – un suino! Già, e sorride, questa volta, è un suino, scrivi D…arrivo.
Compilare quei fogli, tra lupi Alberto e colori, è una pura formalità simili a quelle che espleti entrando a Gardaland. Segue un giro, non il solito, ma, si nota, è un vanto, qui c’è l’avanguardia, qui siamo in Emilia, o dovrei dire Emilia Romagna? Beh, il resto è l’ovvio, stanza con Tv color, videoregistratore, dvd, play station, affresco a parete due metri per unavirgolacinque, un barattolo con caramelle e cioccolattini (quant’è fesso word ’97, che i cioccolattini me li da come errore!): ma non avere paura: se finiscono la caposala li rimette. Più in la, solo pochi passi, libreria, sala computer - da cui scrivo - cucina con frigo, doccia, lavabiancheria, asciugapanni. Non siamo pazienti – non dirlo – ospiti, quello si. E’ la cosa più giusta, ma non so a che punto del protocollo siamo, e se ne esiste uno.
Si, dai, parte un’avventura, e io sono qui a scriverla, potete giurarci.
Inizia, così, un percorso. C’è traffico a Bologna, perenne, non quello che ritrovi a Palermo, quello è tutt’altro, non c’è l’emergenza, la scheggia impazzita, ma solo persone che corrono da qualche parte. E’ una città da vivere, piena di nicchie, dove potersi ritrovare, e non per lenire le ferite. Lì, in una collina a ridosso del centro, ma al di fuori dalle mura, è li che vado. Un edificio vecchio e stanco, come stanca e lievemente dismessa è la sapienza. Percorrendo il primo piano qualcosa cambia, suoni, e qualcuno, sempre, ti apre e sorride, come fosse il primo espletamento di un protocollo cordiale, per cui rigido. A volte Cinzia attende, a me è successo così, e la vedi china su di un tavolo, - che dico - un banchetto riverso di costruzioni e ninnoli colorati, un bimbo che la guarda, incredulo di esser lì e di poter ricevere, lì, cotanta grazia. Sembra sacrilego distoglierla, ma…m’interrompe il pensiero quella vocina, Cosa è il maiale? Cinzia mi guarda, accenna un sorriso, Guarda, dice rivolta a me, ne sanno più di noi, e mi chiede: cos’è il maiale? E io, timido, come il mio ruolo prevede – ligio al mio protocollo – un suino! Già, e sorride, questa volta, è un suino, scrivi D…arrivo.
Compilare quei fogli, tra lupi Alberto e colori, è una pura formalità simili a quelle che espleti entrando a Gardaland. Segue un giro, non il solito, ma, si nota, è un vanto, qui c’è l’avanguardia, qui siamo in Emilia, o dovrei dire Emilia Romagna? Beh, il resto è l’ovvio, stanza con Tv color, videoregistratore, dvd, play station, affresco a parete due metri per unavirgolacinque, un barattolo con caramelle e cioccolattini (quant’è fesso word ’97, che i cioccolattini me li da come errore!): ma non avere paura: se finiscono la caposala li rimette. Più in la, solo pochi passi, libreria, sala computer - da cui scrivo - cucina con frigo, doccia, lavabiancheria, asciugapanni. Non siamo pazienti – non dirlo – ospiti, quello si. E’ la cosa più giusta, ma non so a che punto del protocollo siamo, e se ne esiste uno.
Si, dai, parte un’avventura, e io sono qui a scriverla, potete giurarci.
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