Tasti, tastiera, un approdo tra le mani che svanisce. Pigi, senti al tatto il vociare vago. Ci sono lettere che compongono parole, consapevoli, vitali, a cui presto un corpo, una mano e una mente che mette in fila assonanti dissolvenze. Prigioniero e chino di una danza che colgo e che mi vede spettatore imbelle, devo poggiare i polsi ed alienarmi, per sentire, per ascoltare quei grafismi. Succede a volte lungo muri svaniti all’indietro dell’auto – la mia? - in corsa, lungo alberi troppo alti per scorgerne le cime, o in luoghi frequentemente troppo diversi. Certe spiagge sabbiose e i suoi bianchi scogli, mi fanno scivolare in me stesso, nel silenzio in cui mi rispecchio troppo, perché spesso disperso. Nei tempi del brulichio, dove nel fermento si compiono le attese dei guru dell’economy, spesso, vengo aggredito da parole cadute giù come da fiordi scoscesi. Li si compie una vita che riporto scura su spazi vuoti, mia, come mio è ciò che ho ereditato e che gelosamente traghetterò in avanti a chi ignaro ne accudirà i gemiti.
venerdì, settembre 13
Informazioni personali
- Nome: Manilo
Son movenze, le tue, quelle in cui muto, incantato nei fruscii dell'aria; uniti da fati e umori di terra, arpeggiamo parole inclini come rigoli d'acqua. Fotografia di Michael Melford.
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