Incrocio le mani sulla tastiera, lunghi istanti mi appesantiscono i polsi alti e simmetrici come quelli di un pianista. Sconfitto abbasso i palmi e ne sfioro i tasti. Il mio sguardo si perde e la mente, priva di bardotti, scorre lenta. Troppo da dire, di quel maledetto undici Settembre si è parlato a dismisura, fin oltre quello che l’umana decenza, non potendo limitare, consiglia. E’ questo, sicuramente, che blocca le dita, la sensazione di non poter aggiungere altro, e che ogni altra cosa sia scontata. Rimugino sulla faccenda, ci rifletto per giorni. Certe sciagure italiane sono sfregi velati di nero, rivedo piazze devastate, auto crivellate, strade e mari cosparsi di frammenti disintegrati di ciò che era. Eventi terribili, gravi, sanguinari, eppure mai lontanamente paragonabili, per vittime e risonanza, alla caduta delle due torri che, oggi più che mai, mi inducono solo un’asettica tristezza. C’è un quadro profondamente mutato, c’è qualcosa che sfugge, chi è il carnefice? Chi sono le vittime? E chi siamo noi, attori, spettatori, l’uno e l’altro o una maschera senza volto? Una guerra senza un nemico, preciso, isolabile, in cui le trame e le ragioni si intrecciano sino a confondersi, è pericolosa più d’ogni altra in precedenza. Siamo “noi” tra “loro” e “loro” tra tutti, non ci sono confini, steccati, paletti, da abbattere. Basterebbe un ricordo di quelle innocenti vite, solo questo, ma sono vittime di che, di cosa? Ogni banale omicidio ha un movente, qual é? Ogni strage ha un obiettivo, volete spiegarmelo? Ma che sia plausibile, reale, che non ci si abbandoni alle fiabe. L’undici Settembre, indubbiamente, è il primo documento filmato di un moderno atto di guerra, un evento degenerato, sfuggito al controllo e al di fuori dai giochi, all’interno di un organigramma internazionale fatto di interventi “chirurgici” indolore perché anestetizzati dall’assenza dei riflettori. Triste dirlo, ma il risalto mediatico e l’offesa patita, piuttosto che inferta, mi sembrano le uniche due novità reali in uno scenario mondiale già ben delineato da tempo. E’ difficile commemorare, non è giusto spargere lacrime gratuite, prive di senso e ragione, da miopi insensibili alle sofferenze altrui. Sarò triste quel giorno, come lo sono sin d’ora, ma che ognuno ne tragga un motivo e non si abbandoni allo scontato patetico.
domenica, settembre 8
Informazioni personali
- Nome: Manilo
Son movenze, le tue, quelle in cui muto, incantato nei fruscii dell'aria; uniti da fati e umori di terra, arpeggiamo parole inclini come rigoli d'acqua. Fotografia di Michael Melford.
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