giovedì, settembre 12

“Io ti ho capito. Ho capito come sei fatta…”
Se girovagando nel web, in una tra la moltitudine di quelle stanze in cui ci si incontra e si dialoga, state per formulare questi brevi pensieri meglio fermarsi un attimo e riflettere. In alcune chat è diventato d’uso corrente inserire un bot-chatters, poco più di un programma creato per rispondere in modo “intelligente”, più o meno, a ogni sprovveduto avventore che, nella solitudine d’una tastiera, cerca un ponte verso un altro simile, o solo, forse, d’essere capito. La cosa che più desta interesse in un ambiente, quello virtuale, da cui ci si può aspettare di tutto – in quanto clone del reale – è la nascita di una schiera di “utenti” appassionati della chat all’algoritmo. Coscienti di un dialogo frutto di un ragionamento matematico, sono pronti a scommettere che qualcuno, o qualcosa, li abbia finalmente capiti. Sono nati così Eliza, capostipite, Ornella, Mariella o, esoticamente, il porco, chatters elettronici ritrovabili da tin a clarence e, subdolamente, ovunque sulla rete.
Il freddo distacco di una “macchina” che interloquisce, paradossalmente, può offrire un senso di sollievo. Il timore perenne di esser giudicati da qualcuno, in un attimo svanisce e quelle risposte “tranquille”, quelle domande “normali”, contribuiscono a metter a proprio agio. In fondo l’essere capiti, senza troppi perché, senza essere additati, è il sogno nascosto di ognuno di noi.
Mi associo, io, sperando che il freddo che ritrovo in un robot di metallo, riesca ad avvertirlo anche attraverso uno schermo e delle righe che scorrono. Le parole hanno un senso, una vita a se, un calore, frutto di una mente che prova dei sentimenti, non mi stupirei, quindi, che possano ribellarsi