domenica, marzo 13

Uno disse, l’altro annuì; infine svicolarono assieme.
Tra le mensole la luce al neon precipita dai i fiordi a strapiombo delle figure fisse. Colori tesi in dileggi di copertine s’adagiano sui fianchi col far ritto del convivere forzato. Banchi tra spazi di passeggi, nell’osservare appena a margine del rigo altrui. Sussurra, quindi, l’uno, con il riso timido per tanta parvenza al silenzio, nel sopore del girar di pagina dell’altro. Bisbiglia, di rimando, l’atro, carpendo lo scarno stile dell’uno al contemplar d’idiomi d’umane littere. Tra le scalette e i banchi, tra gli spaz,i tossisce in colpi dotti e ritratti, l’uno; e poi l’altro. E, chi osserva, gira su se stesso, cinge le mani, e in folate d’allegri sguardi intesse osservanze oltre i vetri verdastri d’artifizi in luci. Vita che succede e che si compie, fuori; e che vive in rappresentanza, dentro. File di asticine color panna in vetri ingrossati da miopie dell’ultimo ripiano; giù, in fondo e in alto; nei listelli di polvere delle tinte dei cromatismi di cenere. Sperso, allunga il collo e osserva dall’ultimo dei corridoi; inappagato, scivola nel cifrato di codici. Come musica liscia dell’animo, che svelata all’udito corrompe l’immaginario. L’uno e l’altro, nella selva tenebrosa d’immagini nel visibilio delle sensazioni; pochi passi alterchi e ritratti all’indietro. Lo sfiorarsi di botto, la vista impetuosa dell’identico libro avvertito nel richiamo. Dissimulando e sottacendo, socchiudono gli occhi, poi svicolano lontano.