domenica, giugno 12

Di cosa dovrei parlare, cos’è che t’affligge nel mio ruvido rigo? Alchimista dell’animo dovrei forse plasmare, asportare e rincollare, sensazioni nate altrove? Vogliamo e pieghiamo gli altrui natali alle esigenze mere, così che quel che oggi ci infervora domani è limaccia da pattume. Dovrei ricreare, per averlo immaginato, tenzoni di castelli e principi, e vederli poi sfaldare nell’occhio chino di chi legge e non si vuol soffermare? Vuoi lapilli di parole come fossero lego da sovrappore nelle forme più strane; pensi agli ardori inconsueti che permangono al volgere d’ogni pensiero. Ed in ogni momento devo, perché se so è quello che ci sia spetta. Non c’è tempo, ne alcun luogo d’aspettare; consumista di sensazioni da richiamare, pagheresti qualunque commessa pur d’ottenere. E dei dissesti interni, degli ardori e delle ansie mattutine, di quelle, di chi si vuole occupare? Schiere di sguardi assenti, pronti nell’ancheggiare e nel domandare, senza saper dare. Son questo, non quell’altro; ti prego di non leggermi, se mi cerchi solo per l’avermi immaginato.

1 Comments:

Blogger Manilo said...

...da il tempo di rammentare la spuma delle tempeste.

9:26 PM  

Posta un commento

<< Home