sabato, maggio 7

Tra i fasti, le palazzine nobili, e la storia; dove Piazza San domenico prende forma e depone corona, stellario e luna sull'Immacolata dal vano sguardo scrosciato a scendere dalla colonna stagliata verso i san pietrini; tra i vicoli incerti di travi cadenti di guerre lontane e sempre attuali; lì i canti si rincorrono l'un l'altro d'un tono disperso tra le mura e colato alla sinuosa calura. Lì, la Vucciria alberga, vita e sua metafora, per cui vita ancor più vera e suadente. Mercanti veri che reinterpretano se stessi, veri teorici dell'abbaglio, del colore, e dell'arte del mescere le tinte, ignari, per cui potenti, ignobili e umani piazzisti, scaltri d'occhio e lesti di mano.
Quattro sono gli angoli d'una Casbah ideale, il cui rettangolo è vero centro atavico e culturale d'una città per il resto uniforme alle altre: Ballarò, il bastione di Nord-est su per le trame di via Maqueda, la Vucciria a Sud-Est, per l'appunto, di cui già sappiamo, il Capo a Nord-Ovest in libera caduta sulla via Volturno pensula tra teatro massimo e il vermiglio tribunale; a Sud-Ovest il Borgo Vecchio, infine, presidio di Piazza Nascè, unico dei quattro a non avere barriere di tempo, accessibile, quindi, di giorno come di notte piena. Quattro teatri d'una vita che brulica, di un rimestio di gente che si sfiora, danza e scivola via.