domenica, ottobre 27

Con meno di 8 d’emocromo bisogna trasfondere. Non puoi sognarti di leggere, scrivere, impegnarti in ogni sorta di attività che richieda l’intelletto. E io, che credevo che si dovesse usare sempre, rimango spiazzato. E Charles Baudelaire, Edgar Alan Poe o Fernado Pessosa, che notoriamente componevano le loro opere, tra le migliori, sotto l’effeto di alcool o, addirittura, di droghe? Ma si potrebbero elencare decine di casi simili. La stretta connessione tra genio e sregolatezza, ritenuta linfa creativa di molti capolavori, allora ha validità soltanto se l’incipit è dato da noi stessi. Sono adagiato sullo scrittoio, la pagina è bianca e l’idee non brillanti, allora giù con un buon wisky, dei bei bicchieri colmi che ingannino la coscienza e amplificano il nostro ego. Non credo che sia solo così, e l’argomento non così semplice come lo si sembrerebbe liquidare. Spesso mi capita di scrivere con questa sensazione di torpore, e non è che sia voluta o ambita, semplicemente, questo, è il mio stato attuale. Rinunciare? Rimandare a tempi migliori? Forse. Ma non avrei colto, lasciandone traccia, nulla di quel pensiero fumoso, svanito ed evanescente, che alla lucidità spigolosa lascia un tracciato di sensibilità ovattata che riesce a penetrare la materia e stralciare i pensieri. E’ un modo pacato, scivoloso, ambiguo, di assorbire i contorni, smussando quegli spigoli che, ora, non hanno senso. A voi l’esperienza di aver intravisto un'altra ombra, non che sia prescritto, e a me quella di sembiare battello veramente ebro, per sbordare tra queste inquiete acque. Insomma, di necessitate virtute.