giovedì, settembre 18

Il perfetto è riproducibile, l’imperfetto no. L’esatto è rappresentabile da modelli matematici, perpetuabile all’infinito. Ciò che lesina le rughe, che volge al lato migliore, che non ha tracce, ma solo direzioni univoche, ci stanca, ci affievolisce, ci sottrae il piacere. Inclini al vizio, laidi d’effige e spirito, siamo diversi nella forgia financo all’io dell’attimo prima. E’ la forza umana, quest’intangibilità dell’effimero vagante e del muoversi scomposti. L’indole, il carattere, l’inno al sentimento drena dalle storture, dal fango, dalle deviazioni immorali. Vogliamo sovvertire dissacrando, ''arriderci dell’arciere'' dissimulando sino allo stremo. Iracondi, scherniamo il Fato; ironici sviliamo stelle e curve celesti. Tendiamo al meglio, intrisi di loschi pensieri, magnifichiamo estatici e percorriamo brevi angoli funesti di luce tagliata su cocci sparuti. Vorremmo essere, ma in fondo non serve; intenti carpiamo lapilli riversi dall’alto, fiamme con cui bruciare arsure e vivere l’attimo. Questo è già tutto.