venerdì, febbraio 11

Scrivo dei tuoi color ciliegia, pennellati come esposizione di frutta di stagione, guardo e afferro i lineamenti scolpiti dagli anni. Mutismi di occhi gelidi, colorati sotto l’azione radente del pennello in ripresa circolare. Manti di metalli cesellati ricurvi sulle spalle; fieri elmetti con pennacchi al vento, pur privi di brezze del calar della sera. Tavoli e troni disseminati per i circoli interni, a far folclore; dai baffi, all’accento mancato di marionetta, mentore di segreti raggranellati dai sussurri degli avi. Cartelli pinti a fuoco, piegati in riquadri paralleli, nell’unione di tenzoni avversarie. Parole lise dallo sfrigolio delle dita nel biancore di banchine rinvigorite dal danzare dei mocciosi. Ovvietà da schivare; e scoprire memorie siciliane migrate nelle terre gemelle mai uguali. Botteghe del tramando e dell’affare, dove piccoli ignari incarnano l’esatta linfa opportuna all’ignoro. Appiccicori di case opulente di gialle luminescenze, nel calar di sampietrini ed echeggi di rumorii. Melodie di culle sonore, nel ricordo di sensazioni che mi allontanano più spanne fuor di rimedi e appelli.