Sorpreso nell’idea cronica d’albeggiare, oltre le palpebre appena dischiuse dal sonno che arriva lavando l’accento delle intenzioni. Non penso nei macigni dei transiti scomposti di parole; suoni ingabbiati, alla ricerca di grafie e colori in tinte levigate da mani umide di misture, riposte nei circoli pasticciati di plastiche stantie. Viaggio con la mente, per far ritorno alle prime folate di vento, o per spingermi dove l’uomo ha sperso pelle e sentori contrapposti agli Dei. Ogni quadro d’immaginazione mi rende migratore dell’animo, d’un passo oltre il precedente; sicché il moto perpetuo mutua il corpo per volere della mente, e nel ritorno il fare ne ricopia l’effige in risacche spinte fuori costa dalle correnti. Vorrei ritrovarmi, vorrei essere; ancora mi muovo ipocondriaco ebro nell’insonne delirio d’immaginare e d’imago. Uomo privo dell’aggettivo che l’indice ha indicato, in cerca d’esili chiglie di parole intimidite; frastornato da suoni e rimandi in latente errare ed accennare in falsetto. Fiero; sicuro con l’ansia in gola ed il continuo dissimulare. Vita spesa ad incarnare, cercare e ingannare, per proteggere le mie tracce occulte. Ma chi vorrà leggere, e chi persino capire?
Fluido fui
ma d’un dì lontano;
nell’esporre spando
e se non dreno traggo,
s’avanzo travolgo
e se m’impalo offendo
l’altrui senso d’umano.
Chiedo ''perché?''
e risponde un far gramo,
glisso con la mano
e m’accoglie d’impropero
la statura d’un nano.
Mutevoli
da un rigo all’altro cambiamo;
nell’ingorgo di sperare
e nell’incapacità del dare.
Parole rarefatte
e culle nella mano,
pensieri dondoli d’aria
e aliti tiepidi d’orgoglio;
ch’attendo invano.
Fluido fui
ma d’un dì lontano;
nell’esporre spando
e se non dreno traggo,
s’avanzo travolgo
e se m’impalo offendo
l’altrui senso d’umano.
Chiedo ''perché?''
e risponde un far gramo,
glisso con la mano
e m’accoglie d’impropero
la statura d’un nano.
Mutevoli
da un rigo all’altro cambiamo;
nell’ingorgo di sperare
e nell’incapacità del dare.
Parole rarefatte
e culle nella mano,
pensieri dondoli d’aria
e aliti tiepidi d’orgoglio;
ch’attendo invano.
2 Comments:
Continua.
COSÌ SIAMO (Andrea Zanzotto)
"Dicevano, a Padova, «anch’io»
gli amici «l’ho conosciuto».
E c’era il romorio d’un’acqua sporca
prossima, e d’una sporca fabbrica:
stupende nel silenzio.
Perché era notte. «Anch’io
l’ho conosciuto».
Vitalmente ho pensato
a te che ora
non sei né soggetto né oggetto
né lingua usuale né gergo
né quiete né movimento
neppure il né che negava
e che per quanto s’affondino
gli occhi miei dentro la sua cruna
mai ti nega abbastanza
E così sia: ma io
credo con altrettanta
forza in tutto il mio nulla..."
Saluti da Padova
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