Mosse le mani a segnare nel vuoto, senza luci, senza suoni. Incroci nell’aria, dove riporre ricordi; caselle immaginarie, precise ed invisibili, con portelle d’avorio intarsiate dalla vaghezza del tempo. Parole pronunciate verso lo specchio, contenitore di confessioni e facce distorte d’ogni mattina. Non c’è luogo in questo rito del volgere; maestrie tra dita affini al passato: mirino ed ogiva del vociare dimesso d’interesse.
In quest’arco adunco di postura flessa, ci sono trame disattese, istanti di baleno lisi e cenere di lapilli. Tempi d’ungere di braccia in paste di crete; risa d’occhi negli sguardi tra le volte; passi in fila in tonfi sordi di pietra.
Costruisci, vedi, e ci rivedi; accosti usci di confessionale, vivendo il presente d’un tempo privo d’albeggiare. Incarni il tuo ruolo e demandi al consueto fioco ridondante; così il calar dai viali, il muovere e fraseggiare. Tra te verseggi di memorie, con stremi d’illusione drogata con filtri opachi d’alto grado. E l’altrui amore; il sentimento scosceso; l’orgoglio tradito; la foga d’uomo.
Lasci a pochi passi, tutto; fasti di feste distanti in vuoti d’aria; sorseggi d’attimo per sfinire membra in precipitii orizzontali di vanghe sulla pelle.
Bardato d’allegro, sorridi con l’inflessione del labbro inferiore, negli echi dello specchio. Nicchi e t’osservi. E’ Domenica, accendi la gauloises e dirigi la lama verso l’alto; l’allume è a portata di mano, senza osservare e rimestare. Fischietti il motivo normale.
Giallo da naso ad occhi, tra specchio e viso; smoke tra orecchie e capelli, nella bocca e nella gola, giù per i polmoni. Tosse a colpetti tra cenni di parole; risa ancora in riviere. Richiami ai sogni infranti, solo cenni, da pasteggiare tra sussurri, nicotina e taglietti in rivoli di lama.
Poi basta, solo segni da collezionare.
In quest’arco adunco di postura flessa, ci sono trame disattese, istanti di baleno lisi e cenere di lapilli. Tempi d’ungere di braccia in paste di crete; risa d’occhi negli sguardi tra le volte; passi in fila in tonfi sordi di pietra.
Costruisci, vedi, e ci rivedi; accosti usci di confessionale, vivendo il presente d’un tempo privo d’albeggiare. Incarni il tuo ruolo e demandi al consueto fioco ridondante; così il calar dai viali, il muovere e fraseggiare. Tra te verseggi di memorie, con stremi d’illusione drogata con filtri opachi d’alto grado. E l’altrui amore; il sentimento scosceso; l’orgoglio tradito; la foga d’uomo.
Lasci a pochi passi, tutto; fasti di feste distanti in vuoti d’aria; sorseggi d’attimo per sfinire membra in precipitii orizzontali di vanghe sulla pelle.
Bardato d’allegro, sorridi con l’inflessione del labbro inferiore, negli echi dello specchio. Nicchi e t’osservi. E’ Domenica, accendi la gauloises e dirigi la lama verso l’alto; l’allume è a portata di mano, senza osservare e rimestare. Fischietti il motivo normale.
Giallo da naso ad occhi, tra specchio e viso; smoke tra orecchie e capelli, nella bocca e nella gola, giù per i polmoni. Tosse a colpetti tra cenni di parole; risa ancora in riviere. Richiami ai sogni infranti, solo cenni, da pasteggiare tra sussurri, nicotina e taglietti in rivoli di lama.
Poi basta, solo segni da collezionare.
2 Comments:
....E un solista non sa cantare nel coro.
Cantore autoescluso senza fila col suo stesso timbro.
Da le spalle,anche alle sue,e in attimo perpetuo con la mossa di uno spasimo,si mescola a se,dentro di se,in un tuffo arcuato.E lo sciabordio è un canto e l'onda è musica.Melodramma di una condizione senza facolta' di scelta,che è sventura congenita.Dannata ,dovizia sensibilita'.
Un bacetto,Manilo ;-)
Una seduta al cesso dopo la barba non mi sembra così entusiasmante. C'è chi gode in un modo chi in altro.
Turbamenti della psiche.
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