mercoledì, settembre 14

Mosse le mani a segnare nel vuoto, senza luci, senza suoni. Incroci nell’aria, dove riporre ricordi; caselle immaginarie, precise ed invisibili, con portelle d’avorio intarsiate dalla vaghezza del tempo. Parole pronunciate verso lo specchio, contenitore di confessioni e facce distorte d’ogni mattina. Non c’è luogo in questo rito del volgere; maestrie tra dita affini al passato: mirino ed ogiva del vociare dimesso d’interesse.
In quest’arco adunco di postura flessa, ci sono trame disattese, istanti di baleno lisi e cenere di lapilli. Tempi d’ungere di braccia in paste di crete; risa d’occhi negli sguardi tra le volte; passi in fila in tonfi sordi di pietra.
Costruisci, vedi, e ci rivedi; accosti usci di confessionale, vivendo il presente d’un tempo privo d’albeggiare. Incarni il tuo ruolo e demandi al consueto fioco ridondante; così il calar dai viali, il muovere e fraseggiare. Tra te verseggi di memorie, con stremi d’illusione drogata con filtri opachi d’alto grado. E l’altrui amore; il sentimento scosceso; l’orgoglio tradito; la foga d’uomo.
Lasci a pochi passi, tutto; fasti di feste distanti in vuoti d’aria; sorseggi d’attimo per sfinire membra in precipitii orizzontali di vanghe sulla pelle.
Bardato d’allegro, sorridi con l’inflessione del labbro inferiore, negli echi dello specchio. Nicchi e t’osservi. E’ Domenica, accendi la gauloises e dirigi la lama verso l’alto; l’allume è a portata di mano, senza osservare e rimestare. Fischietti il motivo normale.
Giallo da naso ad occhi, tra specchio e viso; smoke tra orecchie e capelli, nella bocca e nella gola, giù per i polmoni. Tosse a colpetti tra cenni di parole; risa ancora in riviere. Richiami ai sogni infranti, solo cenni, da pasteggiare tra sussurri, nicotina e taglietti in rivoli di lama.
Poi basta, solo segni da collezionare.

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

....E un solista non sa cantare nel coro.
Cantore autoescluso senza fila col suo stesso timbro.
Da le spalle,anche alle sue,e in attimo perpetuo con la mossa di uno spasimo,si mescola a se,dentro di se,in un tuffo arcuato.E lo sciabordio è un canto e l'onda è musica.Melodramma di una condizione senza facolta' di scelta,che è sventura congenita.Dannata ,dovizia sensibilita'.

Un bacetto,Manilo ;-)

4:18 PM  
Anonymous Anonimo said...

Una seduta al cesso dopo la barba non mi sembra così entusiasmante. C'è chi gode in un modo chi in altro.
Turbamenti della psiche.

9:31 AM  

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