domenica, novembre 20

Carico d’urla, non posso ascoltare. Copro la mente nel manto d’ovattato silenzio; per combattere le sfide, ungendole di limaccioso reale. Quel c’appare lontano e impossibile, attende nell’ombra della porta più fragile. Niente pause, quindi, e singulti; lo sguardo travolge le ondine di sabbia tra i sismi dei moti del mare. Nulla permane nei lievi rintocchi a favore. Odo i legami, sfiorati dai sentimenti e unti appena dalle illusioni. Quel ch’è programmato, e che abbiamo inteso, a nulla vale; c’è una pioggia indipendente che impregna ogni trama. Per questo scorgo nulla di nuovo all’orizzonte; né prima né dopo. Non rimpiango ciò che non sarà, semmai ciò che non è mai stato. Alla notte abbandono ogni avidità nel culto del sogno rigeneratore, dove una valanga può essere sospesa da un filo d’aria. Poi reinventarsi leggeri come soffi d’aria; lievi, per non poter altro che asciugarle quelle trame.