martedì, novembre 12

Thor, mito nordico. Ci sono stati anni in cui sfogliavo i giornalini degli eroi, guardando attentamente le figure e distrattamente le scritte, che tanto non capivo. Fiumi di parole poste li, ad adornare le figure. Ancora oggi, però, sono quei segni, quei colori, ad accendermi l’immaginario, animando il senso tramite la forza alienante dell’immagine. Thor dal magico mantello, Mjöllnir, simbolo del fulmine. Quel fulmine da invocare e scatenare contro le nefandezze a cui non c’è rimedio. Poi il tuono, di cui Thor è Dio. Tra le mani e le braccia protese al cielo, il martello, icona monolitica della pura forza non bellica. Un ghigno scolpito nel viso, la tensione che scuote il corpo e inchioda la mente su di un punto da abbattere. Scagliato il martello ecco il tuono, potente, che stordisce i sensi ed azzera le emozioni. E’ lo spirito, l’energia, l’ultimo baluardo verso un fato di rado incline.
Ricordo quel grido lontano, ora eco nella mia mente, che tuonava nelle piccole sfide d’allora. Sfide che mai ho abbandonato, scegliendo la vita, e che ora tornano forti e più bieche che mai. Lancio saetta e tuono, blasfemo, tendendo un braccio senza martello, verso un immane arco di cielo. Immobile vibro, l’umido sguardo che non si arrende è il tuono e il martello del mio essere.