Non riesco a resistere alla tentazione della spezzatina di pura liquirizia, vengo rapito dalla sua nera eleganza depositata in vetrina, quindi entro e chiedo: "è di vostra produzione?". Ottengo un fiero "certo!". Esco soddisfatto, sfregando la mia bustina tra le mani, ma con un tarlo nella mente: non sapevo dell'esistenza di liquirizia veneta, le sue radici si insinuano nei terreni sabbiosi e aridi delle coste meridionali…
La strada per Asiago è inevitabilmente tortuosa, si sale lentamente tra tornanti e curve scomposte.
I vicentini attraversando Piovene Rocchette, paese-frontiera, lasciano alle spalle schiere di aziende folte ed operose, per ostentare il frutto del benessere.
I bassanesi, invece, risalendo per Conco, naturale prolungamento di un territorio legato alla tradizione, svettano per la montagna, luogo di sosta e pensiero.
Io vengo da quell'isola, fervida mittente del suo strano popolo, e muovo i miei passi come ogni inviato in terra altrui, lo sguardo basso e gli altri sensi all'erta.
Il centro è sintomo di quello che il paese vuol apparire, non di quello che realmente è, condizione evanescente e sfuggente. A tratti si ha l'impressione che Asiago sia un marchio, studiato a dovere, alimentato da attività commerciali che più che alla storia e alla tradizione si rifanno allo studio di ciò che il turista-tipo cerca. Si possono trovare abbigli stile montanaro-tirolese, la cui etichetta tradisce la provenienza a volte straniera. Accanto, per le vie del corso, sfilano boutique del naturale, dall'alimento al cosmetico, ma una paventata apicoltura locale vende miele balsamico tra i cui ingredienti si legge un generico "miele italiano".
Ritorno nella calda casa che mi ospita e finalmente mi lascio scivolare tra le mani un paio di schegge nere, che prontamente assaporo. Buona, si, nulla da dire, mi sembra quasi di conoscerla. E già! L'ho scoperta anni fa, è l'inconfondibile liquirizia Amarelli prodotta a Rossano Scalo esclusivamente con radici che crescono sul versante ionico della Calabria, è lei, l'originale sotto mentite spoglie. Non resisto, sono fatto così, ritorno nell'esclusiva bottega e chiedo: "mi tolga la curiosità, la 'vostra' liquirizia è in realtà Amarelli?". Lei solleva lentamente il capo, per un attimo volge lo sguardo altrove e poi, come chi deve confessare una colpa, sussurra: "sssi, si, Amarelli" e sfugge verso un altro cliente.
In fondo non vuol dir niente, ad Asiago ci sono schiere di villette foderate in legno, praterie, tinte e colori ovunque, e poi l'aria frizzante e da un paio di giorni dappertutto si adagia tanta candida neve. Intono un accennato sorriso, mi sovvengono i versi di Panella/Battisti che recitano: "La neve tornerà come un pretesto, dipinta e sempre finta…".
E' meglio ridiscendere, l'ennesimo giorno da inviato volge al termine.
La strada per Asiago è inevitabilmente tortuosa, si sale lentamente tra tornanti e curve scomposte.
I vicentini attraversando Piovene Rocchette, paese-frontiera, lasciano alle spalle schiere di aziende folte ed operose, per ostentare il frutto del benessere.
I bassanesi, invece, risalendo per Conco, naturale prolungamento di un territorio legato alla tradizione, svettano per la montagna, luogo di sosta e pensiero.
Io vengo da quell'isola, fervida mittente del suo strano popolo, e muovo i miei passi come ogni inviato in terra altrui, lo sguardo basso e gli altri sensi all'erta.
Il centro è sintomo di quello che il paese vuol apparire, non di quello che realmente è, condizione evanescente e sfuggente. A tratti si ha l'impressione che Asiago sia un marchio, studiato a dovere, alimentato da attività commerciali che più che alla storia e alla tradizione si rifanno allo studio di ciò che il turista-tipo cerca. Si possono trovare abbigli stile montanaro-tirolese, la cui etichetta tradisce la provenienza a volte straniera. Accanto, per le vie del corso, sfilano boutique del naturale, dall'alimento al cosmetico, ma una paventata apicoltura locale vende miele balsamico tra i cui ingredienti si legge un generico "miele italiano".
Ritorno nella calda casa che mi ospita e finalmente mi lascio scivolare tra le mani un paio di schegge nere, che prontamente assaporo. Buona, si, nulla da dire, mi sembra quasi di conoscerla. E già! L'ho scoperta anni fa, è l'inconfondibile liquirizia Amarelli prodotta a Rossano Scalo esclusivamente con radici che crescono sul versante ionico della Calabria, è lei, l'originale sotto mentite spoglie. Non resisto, sono fatto così, ritorno nell'esclusiva bottega e chiedo: "mi tolga la curiosità, la 'vostra' liquirizia è in realtà Amarelli?". Lei solleva lentamente il capo, per un attimo volge lo sguardo altrove e poi, come chi deve confessare una colpa, sussurra: "sssi, si, Amarelli" e sfugge verso un altro cliente.
In fondo non vuol dir niente, ad Asiago ci sono schiere di villette foderate in legno, praterie, tinte e colori ovunque, e poi l'aria frizzante e da un paio di giorni dappertutto si adagia tanta candida neve. Intono un accennato sorriso, mi sovvengono i versi di Panella/Battisti che recitano: "La neve tornerà come un pretesto, dipinta e sempre finta…".
E' meglio ridiscendere, l'ennesimo giorno da inviato volge al termine.
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