C’è del giallo sulla scrivania. Non , a decine, i Post.-it, che oramai non evidenziano niente e ricoprono solo di un tappeto imperfetto ogni ufficio. Una piantina grassa ha preso posizione, sgomita tra fogli, matite e telefono. Non bisogna preoccuparsi, ha preso le sue contromisure, e quelle spine bianche opposte come denti ringhianti sono un monito. Ognuno a suo posto, via gli intrusi, quell’angolo è suo. La fretta, lo stress, gli squilli, non la sconvolgono, serafica è lì, in bella mostra, evidente solo a chi si sofferma. L’interscambio dialettico è semplice, io l’osservo, lei è già statica e pronta. Da qualche giorno evado e la porto con me, i gomiti adagiati alla scrivania, un pensiero che fuga verso una luce e una finestra immaginata aperta. Lei la tinta di colore, il medium per svanire e vagare.
Da un po’ gironzola, e il suo tremolio cresce. Non tollera intromissioni, e di essere solo una piantina riversa. Mi segue, e avverto delle suppliche. Capisco, ora , quelle invisibili movenze, e il fusto verde e monolitico. A volte bisogna essere silenti, e di questo lei ne ha fatto un’arte.
Da un po’ gironzola, e il suo tremolio cresce. Non tollera intromissioni, e di essere solo una piantina riversa. Mi segue, e avverto delle suppliche. Capisco, ora , quelle invisibili movenze, e il fusto verde e monolitico. A volte bisogna essere silenti, e di questo lei ne ha fatto un’arte.
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