giovedì, maggio 29

Qualcosa in cui credere, per cui lottare. Una persona, un’idea, un progetto da portare avanti. Tutto è sempre contro, per reprimere, scardinare, impedire. Non vedo aspirazioni, sono ridotto al ruolo di spettatore glaciale; tanto non si può far nulla, e nulla c’è da fare. In riga, uno allineato all’altro, bisogna ottimizzare, si deve correre; via i fastidi, le perdite di tempo così poco remunerative. I giorni trascorrono uguali, la notte, quella che inizia la sera, ma è solo pomeriggio, è un mero passaggio di ponte in ponte nel trascorrere di vite grigie. Bramo un grido, un segno di dolore, che però vuol dire vita, cerco ribellione, ma scorgo sguardi assuefatti lungo corsie di strade insensate. Siamo fermi ed inesorabili, confusi - ma non attoniti, perché inconsapevoli - allo stop di ogni incrocio, impassibili tra schermo e abbagli, attenti, questo sì, ad ogni voluttà. Nello scorrere programmato delle azioni non c’è spazio per parole incantate, oltre la realtà visibile e contro l’inesorabile inconsistenza delle maschere. I sentimenti forti, le emozioni, sono episodi estrani di giorni da bambino, o da vecchi finiti tra una lacrima e un ricordo svanito. Quante amicizie confinate in orari e giorni predefiniti, nel venerdì sera dell’ultimo pub; quante ritrosie e momenti dispersi per sempre. Cerco un sentiero, ma sono respinto; incredulo avanzo con gli occhi chiusi, immagino per vivere e per credere. Ancora.