domenica, maggio 25


Questa mattina è andata diversamente. Ai piedi un paio di scarpette blu, e via. Sono lentamente scomparso nel sentiero dietro casa. Chili di troppo, una gamba con un pezzo d’osso in meno – ma tanto è un osso accessorio, un medico lo disse – ed un piede, il destro, troppo rigido. Questo il mio seguito. Ieri sera, prima di spegnere la luce, ho pensato ai miei chilometri di corsa d’una volta, sono trascorsi solo pochi anni; ho rammentato due ore che scorrevano tra la Favorita e Mondello, e viceversa. La corsa genera un pensiero leggero; mi estraneo, eppure rimango parte integrante di questo mondo, le sue leggi, la sua gravità, che ad ogni passo cerco di vincere lanciandomi al cielo.
Vada come vada oggi ho corso, prima ho attraversato vicoli e sentieri, poi vallate e colline, ho attraversato di capo in fondo questa penisola. Questo è quello che il mio pensiero in corsa ha visto e voluto, e non si è fermato che per riempire d’aria i polmoni e sentire scorrere qualche goccia di sudore dalla fronte al collo. Non ho resistito alla tentazione, questa volta, fermatomi per prendere respiro, sono sceso in un campo appena al di sotto dell’asfalto. Erano anni che volevo farlo, mi sono avvicinato a quelle enorme rotelle di fieno e ho iniziato a spingerne una. Lei sembrava non prestare attenzione, dall’alto dei sue due metri, mi ha sbirciato distratta, è ha fatto finta di non scorgermi neanche. A tradirla l’aspetto appena desto dai torpori del sonno; in fondo erano appena le sette e venti. Puntello i piedi, insisto, e lei si la scia dondolare, ma è palese che lo vuole, che ora sta al gioco. Poi ci prende gusto, si inclina verso di me, vuole intimorirmi, ma accenna un sorriso, tramite quel raggio di mattino, e torna indietro in un quarto di giro. Ne ho sentito il profumo e vi ho immerso la mano, che, ritrovata umida, passo sulla fronte grondante di sudore. Intuisce, lei, il mio abbiglio decisamente poco trendy e mi cerca lo sguardo. Occhi neri su attimi infiniti e severi; scorge la vita, poi lascia scorrere la sua mole sul mio fianco, e mi spinge lievemente.
Va mi ha detto; va mi sono detto, quando tra il battere di polmoni e fiato o riaperto gli occhi e ho intravisto un punto da raggiungere. Sempre più piccolo, e sempre più lontano.