lunedì, maggio 19


Un uomo si muove lento, è appena apparso sul palco, e cerca il momento, quell’unico della sua vita, per cui darebbe tutto. Tutto è un concetto vago, che lo ha sempre sfiorato, ma non è mai riuscito a definirlo. Ha preparato quegli istanti da molto tempo, con precisione maniacale, nulla vuole concedere al caso. Arriva presto quella mattina, giusto il tempo di scorgere l’alba, e pensare a quel sogno, l’ultimo da bambino. E’ di buon umore, apre spesso la borsa e controlla, come scorresse un elenco, ogni oggetto. Scaldato l’ambiente, osserva la gente, tutti insieme, colpiti dalle luci, sono rivolti ala musica. Lui è deciso, sicuro, sa, per averlo pensato, che quello è il suo momento, e che ogni mossa è frutto del suo immaginario. Non prova emozioni, ha fin troppo calcolato, deve solo compiere quell’ultimo atto, efferato. E’ già su, quando si ferma, e ha già scorto alle spalle. E’ lui, ma è lo specchio di tutti, e tutti sono intenti, ma vedono solo loro stessi. Quella voce, o il suo canto, ha già deposto la chitarra, si vede ombra e si scopre riflesso immaginato dall’uomo. Caccia un urlo, poi altri in sequenza, risponde il pubblico eccitato dall’afa, alzando le braccia e urlando a rimando. Si desta dal sogno, l’uomo, e inizia il concerto a due, cosa da quel momento inevitabile.