mercoledì, giugno 11

Vorrei ascoltare un fiume lento, seduto con lo sguardo basso. Vorrei avvertire il sibilo del vento sulle mani e non oppormi. Sussurro parole e collimo il pensiero, scavo nell’archeologia dei ricordi per godere di scarne immagini lenite dalle barriere del tempo. Se e ma si rincorrono, perdo la percezione che lascia posto a un vuoto. Da quei giorni in cui l’ansia divenne sintomo dell’incolmabile, mi muovo bendato. Avverto, ma distraggo la mente che pulsa; troppi i giorni che sfregano ruvidi tra di loro. La bellezza delle cose, vorrei sentirla; a dialogare al suo posto ci sono tracce di nostalgia di luoghi impercorribili, e mi ritrovo a riflettere e mi riscopro statico in un contesto che muta e avanza. Inquieti si nasce, lo si porta dentro, nessuna realtà può deviare il corso. Provo a creare scenari che mi avvolgono e proteggono, come ogni dì la bolla da cui ne sottraggo l’aria.