sabato, marzo 27

Tempio dei forse e dei ma, lo scorrere nella mente troppo esigua di parole abrasive. Mi preparo, milite fido, al fronte delle sensazioni; m’incupisco e mi racchiudo per i dì delle falangi puntate come lance a librar fardelli. Non c’è tempo, si sperde lo spazio nel soffermarsi e nel capire; al confino nelle zolle della nostra mente che ripone e immobilizza. Tutto muta, senza alcuna cadenza, senza avvisi o patemi; m’adeguo, perché non tanto in savio sono da impedir le correnti.
Raccolgo le mani, stringo le gambe per risentire il mio corpo; ci sono sensazioni che devono tornare, energie represse che dreneranno gli sguardi altrove, come polvere che migra tra le folate di vento. Ognuno oppone un dubbio, chiunque cassa un rigo con il tratto dell’oblio; tra i singulti non ho potuto proferire, l’ugola, immobile, ha sferzato lo spiraglio delle possibilità.

Oggi mi rivedo; ma domani non ci sarò, svanito nel lieve volgere d’uno sguardo tra le finestre.

Basta con i ricordi a comando, con i delitti consumati con la presunzione d’ingenuo stupore. Se vibro, e qualcuno si stupisce, sappi che dentro sanguino senza rimedio; che ho stillato gocce rosse per ogni spillo nella mente.

E’ il mio perpetuo tempo del volgere, smemore per non restare trafitto; impavido, comunque, nel segno del lieve retrogusto amaro del sentimento.

martedì, marzo 2

D'un tratto la mano scivola
che di metallo ruota la nota,
teso
vibra il ventre
nel richiamo
amaranto di calici
di setosa freddura;
legni armonici ci sperdono
nel vagare d'onde a sentina.