domenica, dicembre 11

All’arrivo non c’è, questa mente; avvisi d’occhi spalmati in rughe d’asfalto e pece. In moti perpetui, la finestra d’immagini oscilla in ricadute, tra memoria e parvenza di futuro. Oggi è un auto che sterza con stizzosa facilità, ferma in soste provvisorie di bordo strada.

Dirimpetto eri appena arrivato, con fumi di lamiere incavi di vecchi fasti; verde come la profondità irraggiunta nel cenno delle mani. Tirato al grigio dello spandere d’inchiostro del Corriere, plachi nervosismi d’aria mitigandoli con il planar di mani. Altri passi tutt’attorno, nelle danze dei tremolii delle dita. Fumi di foschie tra cui intravedo, e di tabacco in cui occludi pensieri; piccoli innesti nell’unione di braccia e di stringere di paltò. Vezzi di moti insavi, sbordii di fronde grigie, crespe compostezze alienate ai volteggi della nuca.

Così muovo marce e sensi e catapulto visioni; sensi in raccordo di ritmi. M’osservo irridente, ma nello sguardo convenuto degli altri sorrido. Sono altrove, com’è sempre il pensiero; non c’è scritto che mitighi, scarni listelli di rampe per incerti voli. Opportune trasmigrazione di verbi irregolari, quando i corridoi verso le gallerie sono echi ridondi di vernici sulla pelle. Il semplice, è quello che cerco, che spaccone e impervio sé celato oltre l’angolo. L’ennesimo celato.

Avanzando tra le brezze, sparo guardi in botteghe di grembiuli pregni, raccolgo cartine sperse con parole di prose goliardiche. Cos’è questo giorno refrattario come un Van Gogh? D’osservare da remoto, e respirare; sfaldando tasselli. Tessere di vita confuse, staccate dalle infinite parvenze di cielo.

sabato, dicembre 3

Le vetrine frastagliate dell’immaginazione, promulgano gorgoglii di luci dall’impazienza asonora. L’ovattata flemma dei graniti, riflette violando fiocchi e listelli; balzano schizzi di giallo ed ombre sulle banchine ritmate da tacchi di stivali in pelle. Sguardi distratti e casuali; scene composite di aspirazione e sospiri; oggetti riposti da mani sapienti, aliene alla mattanza di pensieri rivolti in propensione. Volti in file caduche, rivolti a giochi ritmici di etichette pendule, di cristalli armonici e fieri in giochi d’arte. Oltre calpestii improbabili d’uomini in fila, legati a donne dal volto stanco, s’intravedono volti semplici in cerca di nobili ed invisibili dettagli. Orchestre incolte di rimandi da olii di tele su vasi pinti e fantasie di legni in conversioni d’intarsi. E nei rumoreggi e tintinnii, danze d’origami d’idee della Musa in veste nera. Viaggi in pieghe di Venere, lontani da spazzi e dai richiami di reale e di terra. Ritorni brevi, per sibillini alterchi; poi voli su castelli d’immagini e bellezza.