domenica, febbraio 19

Fiumi di persone, riversamenti altisonanti in direzione opposta, con il fare intento in involuzioni di frase recitate a memoria. Correnti di guardi opposti ed incrociati, nei riflessi del caso. Quanto gesticolare nelle movenze di mani, invisibili e nell’aria inavvertibili. Quanta incoscienza e presenza; vita svolta nei ritmi del caso tra risa, tensioni e fraseggi solitari di tasti. Me su me, in questa melma scomposta dei rapporti; caratteri sparsi in ogni volto a mascherarne l’indole. Ora assieme in questa via a scroscio, tutti imbellettati ed indipendenti. L’uno teso a dare la mano all’altro, ed il terzo ignaro a verbalizza dialettiche, pulsando l’indice sulla tabella rea di colori e scritte. Passo in questo canale e mi distacco da ognuno, scivolo come certi torpori; allontanando sono foriero di sbarre e prigione d’ogni vocio addosso. Quante sensazioni; da non poterle trattenere, quanti strazi per quei corpi madidi e freddi riversi nelle balate pallide del mattino. Lacrime e grida secche in gola, per quegli accenti dispersi nell’oceano dei movimenti. Sadico, quanto ignaro, tolgo il blocco al baule e ne rimesto con mano le figure; volti fraterni e alleati, in sovente lotta all’ultimo sangue. Ma ''io''; quale ''io''? Forse l’amministratore delegato delle maschere in costante ricerca di media algebrica; forse il più spietato e sanguinario; o, chissà, solo mediatico e convincente. Senza regole e condizioni, avverto gli squarci dall’interno ed il disagio indotto dall’emergere; e sorrido, e guardo, e ti parlo. Sopisco, emergo, m’inabisso; poi urlo per un suono comune. Molteplici pensieri, distanti tra loro, in combutta per un corpo solo; razionale, quanto delineato ed unico. Variegato, e pur condannato all’unica fisicità possibile. Maschere; ne vorrei di vere e tangibili. Molteplici e visibili, da applicare come calco su creta, su me stesso.
Miriadi, almeno una per ogni me e per ogni possibilità.

lunedì, febbraio 13

Oggi, luogo in cui gli intenti convergo, sto qui in disparte ad osservarti. In questo flusso di persone, su persone, colgo gli accenti dei tanti te. Uomini, per lo più decisi, nella danza del loro momento, a braccetto con pensieri nebbiosi, ma precisi, compiuti, visualizzabili. Ma oltre che effige, anche figure traverse; misture e pitture in movimento. Non li disconoscere, osservali in viso, nel paradosso di figure verbali. Poi parlane e commentali.
Infine muovi le mani. Muovi.