mercoledì, novembre 29

Con il pensiero magico niente si ferma nella sua soglia; chiude appena gli occhi, e sogna. Ti ho visto in cima alle melanconie, ancora in tempo per nuove scalate. Senza vincoli, con l’orientare delle mani, un gesto, pochi versi e il cielo era a pochi passi. Ricordo i bui, assimilati ai fondi neri, ma lo sguardo, quello tuo, non mutava; fisso, serafico come le radici di quercia, osservavi attraverso profondo scuro degli occhi. Così facendo assimilavi tutto: ansie e torture, innovazione, guai e richiami. Non c’erano argini e confini, solo con il pensiero evolvevi foreste di foglie inceste. Sembravi aver capacità d’inebetire futuro e avversità; riponevi ansie e sfoghi dentro fondi di tasche remote; poi, con un solo gesto, rimuovevi inquadrature e sottomissioni. Nessun quadro era invisibile, solo sequenze da sfogliare per un mondo aperto. Mi serve, ora, quella tua magia, per eludere il tempo ed imbrigliarne movenze in sequenze di pagine da leggere. Trovami, io ascolto la tua voce alla ricerca di tono, e chiudo gli occhi. Insegnami movenze fluide, per ingannare il mondo intero e per sorseggiare ancora una volta sponde d’alba. Uno sguardo, ed io intersecherò il mio, sovrapponendo speranze. Mai pago, uguale nell’universo.