lunedì, luglio 31

Ai tratti fisiognomici, alla postura, alle coniugazioni delle mani sul viso; a tutto e a ciò appartiene il coraggio. Né la curvatura dell’indice o la sottile divergenza del baffo, m’indurranno alla resa. Eppure il vociare è fervido e la distonia ancora offende l’udito. Ho taciuto, mediando il lavoro di disinnescare l’ordigno delle speranze. Ho acquisito un tono grave ed il pallore dei volti riflessi dal ghiaccio. Implacabile ho osservato tra gli echi degli specchi cogliendo con i polpastrelli i freddi grigiori di lame. Il metallico calcio d’una beretta, ruota e si sofferma tra mirino e preda. Non si soccombe nelle notte di veglia, quando il capo chino sfiora il petto. Inerte, il mio sguardo a depotenziare ogni teorema. Piccoli sospiri tra le pieghe riservate dei righi; mani al battere sul capo negli innalzi di acque e azzurri. Ferita belva, mai avrò animo parco se non nei meandri di chi perpetra l’inganno.