Quali sono i ricorsi di lor Signori? Dovremmo forse attraversare, rossa di sangue e bianca d’assenza, l’alabarda volta sul crine? Giù nel cortile, alla fine del declivio, v’è il principio delle vie crucis; animo vago e ragione spuria, spingono il conforto altrove. Si arranca con fatica priva di mezzi, simulando passi probi dove volteggiano libecci d’infertilità. Muro che s’innalza, mura che protendono; l’isola relegata è l’Itaca della condizione, protezione dei mali che rivendichiamo nell’assurdo e prezioso congeliamo in un alito tra le mani.
Solcare, offrire il petto all’infamia, stoici di sguardi? Perché? Ci venga rivelato, se questo ci offrite in sorte; che si appresti nelle menti il seme della sciagura. Foglie di tabacco arrotolate ed indurite a tronchetto; masticate e rimestate, ci rendono diversi; acri come l’assenza e pungenti come il tracciato da punta d’indice. Non v’è forza nel vostro percorso del tempo; ignavia dell’assenza e oblio di sentimenti.
Quelle barre terse, sono il limite ricacciato fuori dall’umano; sfioriamo i lembi per conoscerne i confini, degustando ad ogni istante succhi di varie essenze. Amiamo rapinare l’aria con le mani tratte; armate di fendente per sottrarre a questa luce l’ultima delle linfe, che è aspra e poi dolce nell’apparir di fiele. In ogni momento non vediamo il dopo, e osiamo sbirciare nell’istante in cui tutto accade. Ansiosi e smaniosi, ci sporgiamo dai dirupi più affascinanti; gustiamo l’attimo fatto di spazi, da cima a fondo ed in profondità; irridiamo un tempo inesistente.
Brilliamo, oggi, e schizziamo pensieri; nell’attimo non recludiamo l’anima, dove stilla ragione e sentimento; e nulla più.
Solcare, offrire il petto all’infamia, stoici di sguardi? Perché? Ci venga rivelato, se questo ci offrite in sorte; che si appresti nelle menti il seme della sciagura. Foglie di tabacco arrotolate ed indurite a tronchetto; masticate e rimestate, ci rendono diversi; acri come l’assenza e pungenti come il tracciato da punta d’indice. Non v’è forza nel vostro percorso del tempo; ignavia dell’assenza e oblio di sentimenti.
Quelle barre terse, sono il limite ricacciato fuori dall’umano; sfioriamo i lembi per conoscerne i confini, degustando ad ogni istante succhi di varie essenze. Amiamo rapinare l’aria con le mani tratte; armate di fendente per sottrarre a questa luce l’ultima delle linfe, che è aspra e poi dolce nell’apparir di fiele. In ogni momento non vediamo il dopo, e osiamo sbirciare nell’istante in cui tutto accade. Ansiosi e smaniosi, ci sporgiamo dai dirupi più affascinanti; gustiamo l’attimo fatto di spazi, da cima a fondo ed in profondità; irridiamo un tempo inesistente.
Brilliamo, oggi, e schizziamo pensieri; nell’attimo non recludiamo l’anima, dove stilla ragione e sentimento; e nulla più.