domenica, gennaio 25

Mezzanotte
questa mia di pene
giù per scarpe sfitte
a capo chino
di mani e tempie.
Segnali
simulati a volteggiare,
o attese
sorsi d’ansie disilluse.
Statico
simmetrico e glaciale
al volgere è nuova mezzanotte
di sopite campane.
Lascivo andare
dolce m’è
svilire bardotti
tra lo sperso che vuol annoverare.

domenica, gennaio 18

Chiudi gli occhi, chiudi gli occhi e passa. C’è il nulla da udire, da conservare nella mente. A capo dritto, giù per schiere di mura su filari di scale, in rigoli di pensieri oscurati nel buio. Assistere celati; notte, che rimandi alle tenebre del dì, e dopo ora, ora; rimandi, corte incostituzionale di te stessa. Ancore e appigli spersi; non sappiamo trovarci, serve luce, è questo che svilisce. La notte perdura nel freddo insanabile, solo passi per fingere rumori, poi soste e qualcuno che chiama e ridesta. E’ il risveglio che devasta; accecati dai segnali, disorientati da simboli incomprensibili, uccisi nel profondo senza spazio.
Troppe volte, vaghiamo; da allora non c’è tempo, il calar della sera svolge l’alterigia.

Orsi bighelloni
volgiamo impanati
tra mole e affinità,
Aggressivi e prospettici
solleviamo ghigni,
mesti di timori
urliamo svariati
tra cielo e luna.
Feriti ricadiamo
languidi d’occhi neri;
Il letargo,
altro non è dato
all’indole e dell’animale.
Ci sarà un risveglio
oltre mille assopimenti,
per un lamento,
dardo scagliato a fendere
o a tornare spiovente.