mercoledì, marzo 30

Guitto dell'anima, svicolo ignaro dalla fonte di verbi e parole . Attornio scritture con il vezzo dell'incompiutezza e cenci sfaldi di livori inutili. Rovistando la prossima mossa, fremo con il trepidio del cieco attendista; serafico rapitore di flussi d'aria in irrequieti in moti di simulata inedia. Sarò flebile, nel soffio che scorrendo sussurra. Incapace, oltre che distante. Come la sorte, mia sopita sposa; come il fremito di un pensiero che schivo d'effetto; come un'infezione virale che solca il fraseggio di tutti gli anni, dalla memoria ad oggi. L'ansia dissecca le ginocchia umane, nel vento di scirocco del Sud infiltrato attraverso i mattoni di tufo, isole d’echi nei gorghi d'eco del mattino.. Un torrente nel futuro, senza falle; mitigatore d'angoli, a ridiscendere la corrente dell'abbandono nel ritrovo della patria lungo il corso sfinito. La mossa mi vede atteso; angolo d’uno sguardo futile, spigolo di scenari senza dileggi.

domenica, marzo 27

Sorpreso nell’idea cronica d’albeggiare, oltre le palpebre appena dischiuse dal sonno che arriva lavando l’accento delle intenzioni. Non penso nei macigni dei transiti scomposti di parole; suoni ingabbiati, alla ricerca di grafie e colori in tinte levigate da mani umide di misture, riposte nei circoli pasticciati di plastiche stantie. Viaggio con la mente, per far ritorno alle prime folate di vento, o per spingermi dove l’uomo ha sperso pelle e sentori contrapposti agli Dei. Ogni quadro d’immaginazione mi rende migratore dell’animo, d’un passo oltre il precedente; sicché il moto perpetuo mutua il corpo per volere della mente, e nel ritorno il fare ne ricopia l’effige in risacche spinte fuori costa dalle correnti. Vorrei ritrovarmi, vorrei essere; ancora mi muovo ipocondriaco ebro nell’insonne delirio d’immaginare e d’imago. Uomo privo dell’aggettivo che l’indice ha indicato, in cerca d’esili chiglie di parole intimidite; frastornato da suoni e rimandi in latente errare ed accennare in falsetto. Fiero; sicuro con l’ansia in gola ed il continuo dissimulare. Vita spesa ad incarnare, cercare e ingannare, per proteggere le mie tracce occulte. Ma chi vorrà leggere, e chi persino capire?

Fluido fui
ma d’un dì lontano
;

nell’esporre spando
e se non dreno traggo,
s’avanzo travolgo
e se m’impalo offendo
l’altrui senso d’umano.

Chiedo ''perché?''
e risponde un far gramo,
glisso con la mano
e m’accoglie d’impropero
la statura d’un nano.

Mutevoli
da un rigo all’altro cambiamo;
nell’ingorgo di sperare
e nell’incapacità del dare.

Parole rarefatte
e culle nella mano,
pensieri dondoli d’aria
e aliti tiepidi d’orgoglio;
ch’attendo invano.

domenica, marzo 20


Il caso ha voluto che incontrassi il Professor Giampaolo Fornara, grafologo; collega di un lavoro che ci vede interpreti quotidiani in un ambito distante dalle naturali sfere d’orbita. Ho vergato qualche riga su di un foglio; il Prof. Fornara, nell’informalità di quel''gioco'' che è la vita, ne ha tratto un breve ma acuto profilo. Cosa abiterà veramente in me? Forse i simboli emersi dalla grafia, o le "si storte righe" del suono e dei sensi incrociati?

Ecco il profilo grafologico:

L’intelligenza è caratterizzata da una buona attitudine ad aprirsi per cogliere e comprendere le cose in ampiezza e profondità, rivelando ricchezza di vedute e di idee. Anche la capacità di valutazione critica è buona, ma talvolta il soggetto può essere indotto a soffermarsi un po’ troppo su qualche particolare correndo il rischio di ridurre la visione dell’insieme. Il pensiero logico ed intuitivo riveste comunque nei processi di valutazione critica un ruolo importante. Le capacità di analizzare e di sintetizzare sono nel complesso in equilibrio.

Questa intelligenza si caratterizza per una discreta ricchezza di intuizioni, concetti e progetti. Il desiderio di esprimersi del soggetto è veicolato anche dalla fantasia, che si orienta privilegiando il mondo spirituale -non necessariamente inteso come religioso- piuttosto che quello materiale.

Questa persona avverte fortemente il bisogno di sentirsi affettivamente soddisfatta e per appagare questa sua esigenza è spinta ad assimilare l’oggetto: da questa necessità deriva il bisogno di contatti sociali di vario tipo che egli attua con atteggiamenti di evidente socievolezza.

Nella sua sfera intima lo scrivente manifesta una forte affettività; nell’ambiente sociale egli tende ad esprimere delicatezza di sentimenti, di pensiero e di modi, anche se talvolta - a seconda di come egli interpreta soggettivamente i fatti, le persone, le situazioni - la sua emotività affettiva e comportamentale può subire delle instabilità.

Si evidenzia una buona fermezza di carattere riguardo alla capacità di procedere simmetricamente alle linee prestabilite dalla personale volontà, anche se talvolta con qualche flessione per scoraggiamento ma con la capacità di risollevarsi e riprendere il percorso verso la meta che il soggetto si è prefisso di raggiungere; la fermezza di carattere diventa stabile e pressoché irremovibile nella difesa delle proprie idee, delle proprie prese di posizione, mettendo in luce la difficoltà a cedere di fronte alle pur ragionevoli istanze dell’altro, difficoltà questa che a
volte, se valutata obiettivamente, arriva ad essere eccessiva e talvolta non riesce a venire influenzata neppure dal sentimento.

E’ questo un individuo orgoglioso e preoccupato per la salvaguardia dell’Io. Da questa preoccupazione deriva un atteggiamento di diffidenza e cautela verso gli altri e un freno all’esternazione dei sentimenti personali più delicati. Per questo motivo può succedere che egli possa trovarsi in conflitto tra il bisogno di contatto con il Tu, che avverte sensibilmente, e la contemporanea necessità di prudenza per
proteggere la propria intimità e quant’altro appartiene alla sfera dell’Io.

Dall’analisi di questa scrittura emergono anche tenerezza e bisogno di intimità, ma queste istanze sono frenate nella loro manifestazione dalla preoccupazione per l’Io.
Non manca un sottofondo di nervosismo, di irrequietezza, che si evidenzia in momenti di impazienza e mancanza di calma.

L’istintività gioca un ruolo importante sull’eccitamento e il controllo degli impulsi spontanei non è sempre all’altezza del bisogno.

Prof.
Giampaolo Fornara - Grafologo Consulente
Specializzazione in Grafologia
Peritale Giudiziaria
Università degli Studi di Urbino
Consulente tecnico
e Perito del Tribunale Civile e Penale di Padova
http://www.studiografologico.it/

lunedì, marzo 14

Parole sospese, gocce centellinate dai grumi dell’aria. Pensieri angolati arginati dalle remore, effluvi dal cielo di sguardi dispersi. Tensioni e maestrie protette nei palmi dei sorrisi sornioni. Fragori di sillabe in transito nelle mani di espressioni spioventi. Immagini che ci catturano, rendendoci guardiani ignari di fraseggi emancipati al senso. Storni insensati di virgole e risalti di suoni, all’incompiuto sguardo del fare distratto. Verbi e aggettivi ribelli, sdruccioli alle preposizioni errate; risorte nelle notti insonni di pensieri latenti. Vite autonome e composte, abitanti parassiti di corpi forviati da tensioni inconsulte. Armonie figlie del Caso; quando nelle notti d’ansie le parole cantano la sintonia della mente votata all’animo. Espressione di amori superiori, irridenti dei confini del Fato. Chino è il tempo alle correnti delle passioni Umane, inviolabili al volgere di ere svilite ad istanti. Ricordi d’occhi e lacrime falcide di singulti, nell’attimo del sentire esposti alle pene d’universo.

domenica, marzo 13

Uno disse, l’altro annuì; infine svicolarono assieme.
Tra le mensole la luce al neon precipita dai i fiordi a strapiombo delle figure fisse. Colori tesi in dileggi di copertine s’adagiano sui fianchi col far ritto del convivere forzato. Banchi tra spazi di passeggi, nell’osservare appena a margine del rigo altrui. Sussurra, quindi, l’uno, con il riso timido per tanta parvenza al silenzio, nel sopore del girar di pagina dell’altro. Bisbiglia, di rimando, l’atro, carpendo lo scarno stile dell’uno al contemplar d’idiomi d’umane littere. Tra le scalette e i banchi, tra gli spaz,i tossisce in colpi dotti e ritratti, l’uno; e poi l’altro. E, chi osserva, gira su se stesso, cinge le mani, e in folate d’allegri sguardi intesse osservanze oltre i vetri verdastri d’artifizi in luci. Vita che succede e che si compie, fuori; e che vive in rappresentanza, dentro. File di asticine color panna in vetri ingrossati da miopie dell’ultimo ripiano; giù, in fondo e in alto; nei listelli di polvere delle tinte dei cromatismi di cenere. Sperso, allunga il collo e osserva dall’ultimo dei corridoi; inappagato, scivola nel cifrato di codici. Come musica liscia dell’animo, che svelata all’udito corrompe l’immaginario. L’uno e l’altro, nella selva tenebrosa d’immagini nel visibilio delle sensazioni; pochi passi alterchi e ritratti all’indietro. Lo sfiorarsi di botto, la vista impetuosa dell’identico libro avvertito nel richiamo. Dissimulando e sottacendo, socchiudono gli occhi, poi svicolano lontano.

mercoledì, marzo 9

Come sete corvine ridiscese, il sipario sborda dall’osservare oliva degli occhi pesti. Flette l’intingere di luci chiare, fra gote e virgole di sospiri inclinati. Scevri questi pensieri lontani, impeti dissimulati in lievi cenni di sguardi tra i chiarori del mattino.
Respiri trattenuti, in gorghi ribelli d’aria sfuggita; fatali spargitori di sogni e ceppi virali di passioni. Parole intese e attese pervadenti, in righe traccia di giorni inquieti.

domenica, marzo 6

Silenzi d’ovatta,
panni colati
di parole brunite.
Voli e remore,
franti sui bastioni
di castelli remoti.
Destini distratti,
evasi ricami
cenni del caso.
Spazi riversi
parvenze d’infinito;
argini sciorinati d’impeto
nei circoli di sordide urla.
Fuga del corpo
nella mente
in viaggi sognati
nell’alieno moto del fare.