''Bisogna andare oltre''. Così sovente qualcuno argomenta, da non so quale pulpito, vero o presunto che sia. In preda ad illuminazione fulminante, questi pronuncia frasi sonore e ammonenti; intercala concetti che non colti presuppongono il declino nel pantano mobile della volgarità. Cos’è ''l’oltre'', un luogo? Forse un tempo? O ancora, una singolare miscellanea di eventi contrapposti? Da oggi vado alla sua ricerca; è ufficiale, ora lo sapete, così non ci sarà alcun evento al raggiungimento dello status. Per ora, invece, non mi rimane che immaginare, quindi ipotizzare, con dovizia di particolari.
Se c’è ''l’oltre'', va da sé, ammettiamo anche l’esistenza di un ''prima'' e la presenza demarcatrice di un punto preciso. Bisogna, quindi, individuare quest’entità fittizia, che non possiamo chiamare né luogo né momento: l’abbiamo già detto, non ha le fattezze singolari dell’una o dell’altra entità. Forse ne costituisce una miscellanea. La questione non è da poco, visto che nessun cavaliere riuscirebbe a guidare alcun cavallo al salto senza la presenza dell’ostacolo, che separando il ''qua'' e il ''la'', si ponga a confine. Per questo qualcuno nelle corse al trotto è proposto alla disposizione dei paletti zebrati bianchi e rossi, osservando scrupolosamente le disposizioni di una commissione deliberante.
Qui la cosa è diversa, non ci sono enti e certificatori. Il ''salto'' è soggettivo, a volte inavvertibile; così ci si accorge solo dopo di avere superato il guado, oppure di essere rimasto al di qua della vallata, vinto, avvilito. Non c’è presenza alcuna, in questo intimo viaggio, che tenda l’indice, per indicare l’evento. Si è soli con se stessi, senza neanche la mente a pensare; come belve ferite che istintive cercano ripari tra arbusti, cielo e scuro. Qui non drenano parole, e non servono concetti e accezioni; ci si muove nel filo della razionalità atavica delle cose.
Per amor dell’inspiegabile, è così che certe cose accadono; senza regie e retaggi.
Così osservo le nubi, per carpire e lacerare la pellicola opaca che occlude il cielo. Così bramo ogni filo di luce d’ogni stella, così che, accendendo te, possa riporre vita in me. Come l’ombra che scura appare tanto più è intenso il raggio, per lo staglio netto dei confini; e invece è ventre che si nutre del bagliore, riflettendo quel po’ d’azzurro che tinteggia l’animo d’ogni Uomo.